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La vita è bella.

In questi giorni stavo meditando su cosa scrivere sul blog, giusto per non farlo sentire troppo trascurato visto il mio Bagnoregio (1)assenteismo degli ultimi tempi. Anche se è nato sulla scia del mio esordio nel mondo della scrittura, e dunque gli articoli sono inerenti al tema, sto pensando che non sarebbe poi un male parlare anche di altro. E’ vero che sono già in tanti che parlano di sé stessi e della loro vita privata online e sembra funzioni per scatenare curiosità, giudizi e critiche. Io non sono brava in questo, nemmeno nel mio profilo FB. Sono ancora della vetusta idea che, con uno schermo che filtra buona parte del nostro linguaggio, sia difficile fare arrivare quello che pensiamo davvero. Forte di questa convinzione, quando navigo su internet e leggo commenti e opinioni altrui mi dico che, oltre a quelle righe, ci dev’essere di certo molto altro. Sono sicura di questo. Poi leggo cose allucinanti, come l’articolo (ebbene si, un articolo intero!) di una mamma che scarica i figli per tutta l’estate dai nonni e lei si stanca da morire a fare avanti e indietro per andare a trovarli. Ora, so che le cose allucinanti sono ben altre ma, da mamma, questi temi mi toccano in modo particolare.

Spiaggia orbetello (3)Per non smentirmi non scenderò nei dettagli delle mie scelte di vita, ma un motto con il quale sono stata cresciuta è : Hai voluto la bicicletta? Ora pedala! Sarà perché mi è stato ben inculcato, ma è così che sono abituata ad agire. E forse è per questo che il lamento non è uno dei miei sport preferiti.

Prima di pubblicare il mio primo romanzo, nel 2012, non frequentavo molto il mondo virtuale. Leggevo moltissimo ma non conoscevo i gruppi di condivisione delle letture. Scrivevo da quando ero alle medie ma lo facevo per un bisogno e piacere personale, senza sognare lontanamente di fare leggere le mie storie a qualcuno (meno che mai alla migliore amica o alla famiglia, per quanto io non scriva erotico!). Da tre anni a questa parte mi si è aperto un mondo nuovo. Nel quale ho dovuto affacciarmi e permettere ad altri di curiosare nel mio. Gli stimoli sono tanti, positivi e negativi come è giusto che sia. Ma negli ultimi tempi ho la sensazione che tutto sia diventato più lento, pesante.

La gente è stanca, frustrata, demotivata. E si lamenta. Si lamenta ovunque e di qualsiasi cosa. Dei figli, del lavoro (fateci caso, a dispetto dell’aria che tira si lamentano di più quelli che ce l’hanno, un lavoro!), degli amici, delle vacanze, dei parenti (bé, un po’ li capisco!). Il lamento è diventato una forma mentis. Paralizzante. Acidificante. E soprattutto, più le motivazioni sono frivole, più il lamento tocca vette inesplorate.

Tutto ciò ha avuto la sua utilità. Quando mi trovo a cedere allo sconforto e tento qualche passo nel popolato mondo Saline di Marsala (7)del lamento subito mi do fastidio. E scatta la metaforica pedata nel sedere: alzati e cammina!

Perché il lamento non fa bene. Non è come lo sfogo, temporaneo ma liberatorio. E’ un condizione virale, che porta all’imbruttimento emotivo. E fisico. Fateci caso, le persone che si lamentano spesso hanno il viso tirato, le mascelle rigide, gli occhi alternano stanchezza ad aggressività. Le spalle pian piano si incurvano e il passo diventa strascicato. Mi sembrano motivazioni sufficienti per desistere da questa cattiva abitudine!

Bene, la mia mezz’ora d’aria è terminata. Sento i bambini correre su per le scale, la musica al piano di sotto a tutto volume e mio suocero che brontola. Chi vuole scommettere che riuscirò a resistere dal cadere rovinosamente nell’atteggiamento or ora denigrato?

Buona estate a tutti!